Giornata della memoria e dell’impegno

Mt 5,6

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.

Per la prima volta dopo 25 anni non saremo insieme a colorare le piazze d’ Italia ma in questi giorni difficili dove è fondamentale restare a casa non vogliamo far mancare il nostro abbraccio ai familiari delle vittime innocenti delle mafie”… Sono le parole che si leggono in un articolo di Libera, reti di associazioni e movimenti che ogni 21 marzo, primo giorno di primavera, promuovono la Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Quest’anno la XXV ricorrenza prevista nella città di Palermo è stata posticipata al 23-24 ottobre a motivo dell’emergenza virale. Tuttavia Libera lancia un’iniziativa social che consiste nel postare una propria foto profilo accompagnata da un fiore e da un nome della vittima da ricordare.  

Non sarà questa la modalità di partecipazione del presente articolo o del suo autore alla campagna di Libera, ma certamente lo sarà nello “spirito” dell’iniziativa. D’altronde per noi siciliani è impossibile non ricordare nomi come Carlo Alberto Dalla Chiesa, Cesare Terranova, Mauro De Mauro, Boris Giuliano, Piersanti Mattarella, don Pino Puglisi, Giovanni Facone, Paolo Borsellino, Peppino Impastato, Rosario Livatino, giusto per citare i nomi più celebri. Ma è anche giusto in occasione di giornate come questa fare memoria dei nomi di tutte le altre vittime, non meno degne dei nomi citati sopra. Infatti agli occhi di Dio ogni uomo, ogni donna, ogni bambino ha una dignità inestimabile. E grazie a queste iniziative è possibile prenderne sempre più consapevolezza.

Questa giornata di memoria, tuttavia, da una prospettiva più marcatamente evangelica ed ecclesiale riporta subito alla mente alcune frasi luminose, incisive, appassionate. Tali frasi sono state scritte e pubblicate nella lettera “Convertitevi!” dall’episcopato siciliano in occasione del XXV anniversario dell’appello accorato di S.Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi, il 9 maggio 2018.

In questa lettera i vescovi hanno chiamato le cose con il loro nome: “la mafia è peccato” e pertanto essa “è incompatibile con il Vangelo”. In quanto “questione ecclesiale” occorre dunque “rompere il silenzio con parole nostre” e “recuperare il senso dell’appartenenza ecclesiale”. Sono parole imbevute di spirito profetico, e cioè di capacità penetrante e formatrice delle coscienze. L’annuncio del Vangelo infatti comporta per sua connaturale conseguenza la denuncia del peccato e delle sue strutture storicamente esistenti. 

Nella misura in cui ogni cristiano aderisce e si conforma al Vangelo vivente, annunciato, vissuto e celebrato nella Chiesa, tutto l’ambiente circostante ne verrà positivamente contagiato. La logica evangelica della libertà di coscienza, della promozione della dignità umana, del dono di sè e dell’amore del prossimo non può coesistere con una logica oppressiva, omertosa, costrittiva, violenta, e omicida. 

E la croce si pianta e si consuma esattamente nella differenza abissale e pur sempre incomprensibile che c’è tra questa logica peccaminosa e il peccatore che vi aderisce. Dio odia la mafia ma ama perdutamente i peccatori in essa avvinghiati. E i cristiani sono lì, chiamati a percorrere questa “via crucis” che tenta di inserirsi in questa differenza affinché si realizzi la salvezza, affinché la misericordia di Dio raggiunga la vera miseria umana. E questa “via crucis”, con le innumerevoli stazioni che la formano, si snoda nei tanti nomi presso ai quali oggi stazioniamo e grazie ai quali vediamo e dobbiamo squarci di redenzione.

Stazioni di memoria che diventano stazioni di consapevolezza e dunque di responsabilità attiva per ogni cittadino e a maggior ragione per ogni cristiano.

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