Fase 2: disoccupazione, Italexit, recovery fund?

Il presente articolo vuole affrontare in linea generale le attuali tematiche della Fase 2 alla luce della fede, cercando di chiarire alcuni nodi che hanno sollevato non poche discussioni. Qui di seguito l’indice degli argomenti:

Intro: da una fase all’altra

1. La dignità del lavoro: Bibbia e Costituzione

2. Quali risposte alla crisi economica?

2.1. Italexit. L’Europa c’è o non c’è?

3. Quali vie d’uscita? Quali proposte?

Concludendo

Intro: da una fase all’altra

Se la fase 1 ha cercato di superare la crisi sanitaria dovuta all’emergenza CoVid-19 che ha colpito tutto il mondo, la nuova fase 2 dovrà affrontare un’altra crisi, non meno impegnativa, che è quella economica. Ad ogni crisi “basta la sua fase”. Tantissime persone hanno perso il lavoro, tante altre sono a rischio, ed aumenta spaventosamente il tasso di povertà. Infatti se dalle Caristas diocesane italiane viene registrato un aumento del 114% delle richieste d’aiuto, è anche vero che tanti altri nuovi poveri, per un senso di pudore o di vergogna, non fanno richieste d’aiuto. È una questione che ne richiama un’altra, ben più profonda, che è il senso di dignità umana.

1. La dignità del lavoro: Bibbia e Costituzione

Non è casuale che la tematica del lavoro per un cittadino italiano, e a maggior ragione per un cittadino italiano credente, costituisca l’esordio delle sue più importanti fonti: dal punto di vista legislativo, della Costituzione Italiana, e dal punto di vista della fede cristiana, della Bibbia. Lungi dal voler paragonare testi di natura profondamente diversa — anche se da una prospettiva letteraria nella Bibbia sono presenti codici legislativi e parimenti nella Costituzione le leggi custodiscono anche una scala di valori — ciò che si vuole mostrare è che nella coscienza umana è ben chiaro il forte legame tra l’uomo e il suo lavoro. Quest’ultimo, se considerato in modo sano e non distorto, impreziosisce e valorizza la dignità intrinseca dell’uomo.

Andiamo alla Costituzione Italiana. I Princìpi fondamentali che aprono questo bellissimo testo costituiscono la “pietra angolare” di tutto ciò che verrà dopo. E la questione del lavoro è così importante da rientrare nel primo principio fondamentale:

Art. 1.

L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Ma…Di quale lavoro si sta parlando? Purtroppo nella nostra realtà sperimentiamo troppo spesso l’opposto. Burocrazie interminabili e soffocanti, poca liquidità circolante, scelte politiche che privilegiano assi economici internazionali piuttosto che nazionali o locali, tasse su tasse, strumenti finanziari improponibili per via degli interessi. Sembra che lo Stato anziché favorire, complichi il sorgere e il mantenere stesso del lavoro. Questa crisi economica tuttavia sta mettendo in luce tali problematiche e sembra che il Governo, in riferimento alla conferenza stampa del Presidente del Consiglio del 26 aprile, voglia finalmente avviare una politica differente.

Andiamo velocemente alla Bibbia. Sin dalle sue prime pagine, nel testo biblico della Genesi si parla di lavoro.

Piccola parentesi: è ormai noto che l’esegesi biblica ha inquadrato il libro della Genesi (e in modo specifico i primi 11 capitoli) nel genere letterario dell’eziologia metastorica, ossia un genere che cerca di rendere ragione dei perchè della realtà; pertanto l’approccio al testo non può e non deve essere letterale, ma esistenziale, che è ben diverso. Se dunque il presente lettore crede che in Genesi vi siano favole o se crede che tutto il testo sia oro colato è pregato di aggiornare le proprie conoscenze da catechismo ormai superato. Non è bello sentire sempre le stesse risposte. (Anche perchè le risposte di fede dovrebbero crescere con colui che vuole crescere).

Sin dai primi versetti di Genesi troviamo Dio…che lavora! Crea e plasma l’universo nella famosa settimana che tutti conosciamo “e fu sera e fu mattina”. Che per Dio questo fosse un lavoro lo mostra il versetto:

Gn 2,2

Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto.

Qui si parla anche di cessare dal lavoro, che allude al riposo lavorativo, ma affrontarlo in questa sede aprirebbe una maglia troppo grande. E l’uomo?

Gn 2,15

Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse.

Il primo compito che l’uomo riceve è coltivare e custodire la terra…lavorare! Ma anche quando verrà cacciato via dal giardino di Eden a causa del pasticcio del peccato originale, il primo compito sarà:

Gn 3,23

Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da cui era stato tratto.

Bene…abbiamo capito che non è solo una questione di principio giuridico, ma anche dal punto di vista spirituale il lavoro è un’esigenza, fa parte dell’essenza umana. Un uomo fecondo nel proprio lavoro, è un uomo felice.

Sal 128,2

Della fatica delle tue mani ti nutrirai,
sarai felice e avrai ogni bene.

2. Quali risposte alla crisi economica?

Non è facile rispondere a questa domanda. È sotto gli occhi di tutti lo sforzo che il Governo ha fatto e sta facendo nei confronti dell’Europa per ricercare strumenti che possano risollevare il Paese dalla fitta nebbia di questa nuova crisi. Dopo lunghi dibattiti e confronti, lo strumento individuato dai leaders europei sembra essere il Recovery Fund, a scapito del MES e dei Coronabond. Vediamo, in estrema sintesi, in cosa consistono questi strumenti:

MES: è l’acronimo di Meccanismo Europeo di Stabilità. Non è altro che un fondo realizzato dai Paesi membri della Comunità Europea versando una quota proporzionale al proprio prodotto interno lordo. Nell’ambito della globalizzazione dei mercati, scopo del MES è aiutare uno Stato membro richiedente a superare la crisi economica onde evitare che tale crisi si ripercuota all’interno degli Stati membri. Il problema è che l’accesso, le condizioni e il controllo (l’ente “troika”) per l’uso di questo strumento sono molto rigidi. E ciò potrebbe creare il paradosso che un Paese in difficoltà economica, con un elevato debito pubblico, per soddisfare le condizioni del MES s’indebiti maggiormente. È stata una delle cause della crisi economica della Grecia del 2009-2010. Ecco il motivo per cui l’Italia, sostenuta dalla Francia, Spagna e altri Paesi, si è battuta nell’assise europea per non utilizzare questo rischioso strumento finanziario, suggerito invece dai Paesi più “virtuosi”, quali Germania, Olanda e Finladia.

Coronabond: il termine “bond” significa obbligazione. Questa ipotesi prevede di emettere ad hoc, per l’emergenza virale, dei titoli europei (dunque non associabili ad un determinato Paese). Ne consegue che tutti i Paesi ne possono usufruire per fronteggiare la crisi, tuttavia la contropartita di questo strumento è la mutualizzazione dei debiti. Per cui un Paese più indebitato sarebbe più avvantaggiato, poichè le spese andrebbero suddivise. E i Paesi virtuosi non ci stanno. Ecco il motivo dello “scontro” con la Germania/Olanda.

Recovery Fund: il lungo dibattito, che ha sollevato non poche polemiche da parte dei sostenitori dell’Italexit, ha portato al chiarimento di fondo: i Paesi virtuosi non devono pagare il debito pubblico passato dei Paesi in difficoltà economica, ma quello che occorre fare è suddividere i debiti futuri che questa emergenza ha causato. Dunque questo Recovery Fund è un fondo legato al bilancio europeo dell’arco pluriennale 2021-2027 che non prevede la mutualizzazione del debito ma la condivisione delle spese future. Condizioni, tempistiche, interessi, modalità sono da decidere entro il 6 maggio 2020.

2.1. Italexit. L’Europa c’è o non c’è?

Il CoVid-19 certamente ha messo in luce i nodi esistenti in quella tanto sbandierata “Unione Europea”. Tuttavia la problematica dell’Europa, della sua unità, dei sostenitori dell’uscita dell’Italia dall’Europa, è troppo complessa per essere liquidata in poche battute. Tanti elementi, fattori e attori coinvolti, influiscono sul panorama europeo attuale. Sicuramente certe mosse di alcuni Paesi “virtuosi” ha creato in molti italiani non poca indignazione. E non è da biasimare. Ma la soluzione è reagire di pancia? Usciamo subito dall’Unione Europea? Il premier Conte sicuramente in questi giorni ha cercato con fermezza di mostrare ai leader europei la dignità del nostro Paese e si è battuto per far valere la nostra posizione.

Qual è il punto? Il problema principale dell’Europa è che da una parte non esiste ancora una compatta unità economica, anche se in questi due decenni sono stati fatti diversi passi in avanti verso una maggiore integrazione economica degli Stati membri. E questo è un bene. Dall’altra parte manca una vera e propria unità politica. L’Europa non è ancora una federazione di Stati come lo sono gli Stati Uniti d’America. Dunque, più o meno indirettamente “comanda” chi ha maggiore peso e potere economico. Pertanto si creano i giochi-forza ai quali assistiamo.

Uscire dall’Europa significherebbe certamente “autonomia”, ma anche grande solitudine nell’oceano dei mercati globalizzati e solcati dalle maggiori potenze economiche del mondo. L’Italia da sola non ce la farebbe e rischerebbe una nuova alleanza. Con chi? Con l’America? La Russia? La Cina? (Alcune fazioni politiche italiane hanno letto le premure di questi Paesi nei confronti dell’Italia in piena emergenza Covid come un “corteggiamento”). Italexit dunque non è affatto semplice. La soluzione non è la via di fuga, ma l’affrontare di petto il problema con tutti gli strumenti leciti e percorribili. E vogliamo pensare che quello che si sta facendo in Europa, con le sue luci e le sue ombre, sia la migliore strada.

3. Quali vie d’uscita? Quali proposte?

Risulta molto significativo il Messaggio dei Vescovi per la Festa del 1°Maggio 2020. In questo breve messaggio i Vescovi dopo aver parlato dell’attuale crisi del lavoro, richiamano il concetto dell’ecologia integrale dell’enciclica Laudato sii, che, “riprende e attualizza il messaggio della Dottrina sociale della Chiesa per far fronte alle nuove sfide. Abbiamo bisogno di un’economia che metta al centro la persona, la dignità del lavoratore e sappia mettersi in sintonia con l’ambiente naturale senza violentarlo, nell’ottica di uno sviluppo sostenibile“.

Per avviare un’economia sostenibile i Vescovi suggeriscono alle istituzioni politiche ed economiche di operare scelte per il superamento delle differenze economiche che vi sono tra le regioni, oltre che l’esigenza dell’umanizzazione del lavoro col relativo riposo festivo. Occorre guarire dalla schizofrenia nei confronti dei migranti: se da un lato sono respinti, dall’altro vengono sfruttati per abbassare i costi interni. Inoltre, affermano che non è il progresso tecnologico a creare povertà, bensì l’inadempienza di una politica fiscale che non ridistribuisce le ricchezze create. Infine, si appellano anche al contributo di ogni persona attraverso l’esercizio di una cittadinanza attiva, consapevole e responsabile affinchè le istituzioni possano agire efficacemente nella complessa realtà che si trovano a governare. In questo link potete leggere integralmente il Messaggio.

Concludendo

Non si può negare di trovarci in una condizione simile ad un post-guerra, che se da un lato è terribile, dall’altro consentirà una nuova rinascita. Ogni crisi attraversata bene conduce ad una nuova realtà, una nuova configurazione, migliore della prima. Ricordiamo che i padri costituenti ci hanno consegnato uno dei più bei testi legislativi dalle ceneri di una politica fuorviante e distruttiva. E superato il postguerra è fiorito anche il benessere economico. Alla luce di queste dinamiche storico-politico-economiche, dobbiamo infine ricordare che nella prospettiva di fede, il segreto della Storia, che ne è anche il suo motore trainante verso il pieno compimento, è Cristo morto e risorto che col dono del suo Spirito associa a sè per mezzo della Chiesa ogni popolo, lingua e nazione. Dio agisce nella storia, e la sua mano provvidente non mancherà di plasmare un nuovo volto di umanità, di ecclesialità, di società configurata sempre più ai criteri evangelici. Lo crediamo, lo speriamo, perchè lo amiamo.

Condividi questo articolo nei tuoi social

Rispondi

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: