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Un sabato Gesù entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. C’era là un uomo che aveva la mano destra paralizzata. Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato, per trovare di che accusarlo.
Ma Gesù conosceva i loro pensieri e disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati e mettiti qui in mezzo!». Si alzò e si mise in mezzo.
Poi Gesù disse loro: «Domando a voi: in giorno di sabato, è lecito fare del bene o fare del male, salvare una vita o sopprimerla?». E guardandoli tutti intorno, disse all’uomo: «Tendi la tua mano!». Egli lo fece e la sua mano fu guarita.
Ma essi, fuori di sé dalla collera, si misero a discutere tra loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù.
(Lc 6,6-11 – Lunedì della XXIII settimana del Tempo Ordinario – Anno A)
Medita
Quante volte ci comportiamo come fanno gli scribi ed i farisei di questo brano del Vangelo?
Gesù sta insegnando, Gesù sta parlando al cuore di quegli uomini e loro che fanno? Sono distratti dai loro interessi, pensano a come fregare Gesù, pensano a come poterlo trarre in scacco.
Questo non capitava solo a quegli uomini ma capita anche a noi: quante volte il Signore parla al nostro cuore, alla nostra vita e noi che facciamo? Siamo distratti dai nostri interessi, anzi capita pure di scadere nell’atteggiamento di voler mettere alla prova Dio così da poter dire che non ci ascolta, o peggio, che non esiste e continuare ad andare avanti nei nostri progetti.
Ma, come Gesù conosceva i pensieri di quegli uomini, conosce anche i nostri ed è lui che mette alla prova noi, ci dice: bene ti metto di fronte alla realtà, cosa pensi che sia più giusto fare? La risposta a questa domanda dipende da noi: davanti ad una situazione che ci lascia perplessi o che riconosciamo essere sbagliata noi per primi sappiamo quale sia la cosa più giusta da fare ma, se non riusciamo a compiere il salto necessario della fede matura, corriamo il rischio di rimanere incatenati nei nostri schemi, nelle nostre paure e convinzioni. I farisei e gli scribi sapevano bene che la cosa giusta da fare era quella di guarire quello storpio per ridargli la dignità umana ma erano troppo concentrati sui loro interessi. Ma la bellezza del Dio che abbiamo conosciuto è questa: nonostante la nostra testardaggine, nonostante i nostri peccati, le nostre fragilità e debolezze lui opera sempre. Per quanto possiamo osteggiarlo alla fine Dio compie la sua opera di salvezza.
Però nonostante tutto, nonostante vediamo le opere di Dio, c’è il rischio di restare chiusi in noi stessi e continuare a perseguire la via della “non felicità”.
Vivi
Chiediamo a Dio di aprirci gli occhi del cuore e della fede…
affinché possiamo conoscerlo sempre più profondamente e di conseguenza per saper vedere le esigenze dei nostri fratelli.