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In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi. Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».
(Mt 22,15-21 – XXIX Domenica del Tempo Ordinario – Anno A)
Medita
Stato e Chiesa, politica e fede, in che rapporto stanno? Dobbiamo pensare che dal IV secolo, cioè da Costantino, fino al XX secolo d.C., cioè fino ai patti lateranensi, queste due dimensioni, queste due realtà si sono a volte identificate, a volte sovrapposte, a volte l’una ha “ingerito” l’altra. Oggi, grazie a Dio, godiamo della libertà della Chiesa nei confronti dello Stato e anche lo Stato è libero nei confronti della Chiesa. Tuttavia non stanno sullo stesso piano. Cerchiamo di capire meglio…
Dio agisce anche attraverso i poteri temporali, i poteri degli uomini, i governanti. I responsabili delle nazioni, anche se non lo sanno, sono strumenti del disegno di Dio. A tal proposito ricordiamo la risposta di Gesù a Pilato: “tu non avresti nessun potere su di me se ciò non ti fosse stato dato dall’alto”. Quindi anche per questo principio è importante obbedire ai governanti e alle leggi civili.
Dall’altro lato però Dio agisce in modo privilegiato nella Chiesa, luogo dei battezzati e dei credenti in Gesù Cristo. Attraverso la Parola di Dio e i sacramenti, gli uomini sono sostenuti nella loro vita quotidiana a rendere “a Cesare” quello che è suo e a Dio quello che è suo. Sono cose distinte ma non distanti.
Vivi
I cristiani sono chiamati più di tutti ad essere buoni cittadini.
Per l’approfondimento leggi di seguito una parte del numero 43 di Gaudium et Spes:
Il Concilio esorta i cristiani, cittadini dell’una e dell’altra città, di sforzarsi di compiere fedelmente i propri doveri terreni, facendosi guidare dallo spirito del Vangelo.
Sbagliano coloro che, sapendo che qui noi non abbiamo una cittadinanza stabile ma che cerchiamo quella futura, pensano che per questo possono trascurare i propri doveri terreni, e non riflettono che invece proprio la fede li obbliga ancora di più a compierli, secondo la vocazione di ciascuno.
A loro volta non sono meno in errore coloro che pensano di potersi immergere talmente nelle attività terrene, come se queste fossero del tutto estranee alla vita religiosa, la quale consisterebbe, secondo loro, esclusivamente in atti di culto e in alcuni doveri morali.
La dissociazione, che si costata in molti, tra la fede che professano e la loro vita quotidiana, va annoverata tra i più gravi errori del nostro tempo.
Contro questo scandalo già nell’Antico Testamento elevavano con veemenza i loro rimproveri i profeti e ancora di più Gesù Cristo stesso, nel Nuovo Testamento, minacciava gravi castighi.
Non si crei perciò un’opposizione artificiale tra le attività professionali e sociali da una parte, e la vita religiosa dall’altra. Il cristiano che trascura i suoi impegni temporali, trascura i suoi doveri verso il prossimo, anzi verso Dio stesso, e mette in pericolo la propria salvezza eterna.