Il matrimonio: tomba dell’amore?

Prometto di esserti fedele sempre,

nella gioia e nel dolore,

nella salute e nella malattia,

e di amarti e onorarti

tutti i giorni della mia vita.

Rito del Matrimonio

Oggi queste parole hanno ancora un valore? Impossibile dare una risposta certa. Eppure è altrettanto impossibile non riconoscere in queste stesse parole un fascino ed una bellezza che oltrepassa il fatto culturale. Queste parole fanno paura, è vero. Chi può avere la presunzione di poter affermare la propria fedeltà al coniuge sopratutto nel dolore e nella malattia per tutti i giorni della propria vita? Facile amare quando tutto va bene, ma quando le cose cambiano, come si può restare fedeli? Chi può sapere di esserlo fino alla fine dei propri giorni?

Eppure l’anelito, il desiderio profondo, e la voce della coscienza non si possono soffocare. Siamo fatti per una promessa. Una promessa d’amore che sentiamo nel profondo di ricevere e di ricambiare. Il “per sempre” fa tremare. Può risultare una condanna a vita o un trampolino di lancio verso l’eternità. Da cosa si determina? Dobbiamo partire anzitutto dall’idea che abbiamo di matrimonio.

Cos’è veramente il matrimonio?

Prima di rispondere a questa domanda capitale dobbiamo fare delle opportune distinzioni. Parliamo di matrimonio religioso o di matrimonio civile? Parliamo di sacramento del matrimonio o di una realtà antica quanto l’uomo e la donna? In altre parole, quando parliamo di matrimonio, a cosa ci riferiamo? Le nozze non esistevano prima di Cristo? Certamente. E allora perché parliamo di sacramento? C’era bisogno?

Inquadriamo il discorso…

Anzitutto dobbiamo rilevare un dato. Il matrimonio in quanto istituzione naturale c’è sempre stato, seppur con le sue svariate forme e riti celebrativi. È una realtà creaturale-antropologica. Giusto per curiosità…cosa dice la Bibbia in tal senso?

Nella Sacra Scrittura troviamo un aspetto sorprendente. La Bibbia si apre e si conclude con un “matrimonio”. La prima unione si riferisce al racconto di Genesi e dunque all’unione di Adamo ed Eva. L’ultima invece, nel libro di Apocalisse, fa riferimento alle nozze dell’Agnello con la città santa, la Gerusalemme celeste. In questo matrimonio “apocalittico”, conclusivo, non ci sarà più dolore né lacrime, e Dio sarà tutto in tutti. Dunque, sorvolando il profeta Osea, il Cantico dei Cantici, San Paolo (che meriterebbero di essere approfonditi), appare chiaro che dal punto di vista biblico, il matrimonio è una realtà estremamente significativa. Tutta la Bibbia è “intrisa” di matrimonio. Ed è un’immagine forte che viene usata per indicare la relazione di alleanza tra Dio e gli uomini.

Ma ancora dobbiamo rispondere alla domanda capitale. Andiamo a noi.

Partiamo dalla base

Affinché ci sia un matrimonio, e dunque una scelta libera e voluta tra i due, appare chiaro che come condizione minima debba esserci l’amore. Che caratteristiche deve avere l’amore per essere chiamato tale? Semplicemente tre:

– deve essere totale. Ti accontenteresti di un amore parziale? Rispondi onestamente. Dinanzi a scelte di vita, che uomini e donne saremmo se puntassimo ad amori parziali, fugaci, con riserve? Un amore è totale o non è amore. L’amore esige tutto. Corpo, anima, spirito, tempo e vita. E perciò dona tutto. Corpo, anima, spirito, tempo e vita.

– deve essere fedele. Cioè deve valere sempre. La totalità di prima non può valere a fasi alterne. A nessuno piace essere amati di amore infedele. Anche in questo caso l’infedeltà, come la parzialità, non rende ragione della vera natura dell’amore.

– conseguentemente sarà fecondo. Se valgono i primi due punti, sarà anzitutto connaturale l’apertura ad una nuova vita, ai figli (in questo caso sarebbe più corretto parlare di fertilità, tuttavia si può essere fertili, generare figli, senza per questo vivere un amore totale e fedele!). In particolare la fecondità riguarda il modo di vivere della coppia nella società, nel mondo. Il loro amore si espande.

Ok. Bellissimo. Ma sembrano le vecchie favole Disney. Chi può essere in grado di amare così? Siamo realisti. È finito il tempo dell’incanto. Tuttavia… dobbiamo ammettere che… la verità s’impone da sé: sentiamo che tutto ciò è vero, cioè quello che più in profondità realizza un uomo ed una donna è questo tipo di amore: totale, fedele e fecondo. È la nostra coscienza che lo esige. E quindi? Restiamo nella contraddizione di sentire quello che vogliamo nell’impossibilità di viverlo fino in fondo? Cerchiamo di risolvere il dilemma.

Ah! Ora ho capito!

Anzitutto, avete fatto caso ad una cosa? Finora, in questo discorso sull’amore, sulle sue caratteristiche ecc…, abbiamo parlato di Gesù Cristo, della Chiesa, di sacramenti, di preti? No. Allora tutto ciò che abbiamo detto sull’amore resta un fatto già valido di per sé. In altre parole, da un punto di vista naturale il matrimonio si presenta già come una realtà che per sé stessa esige totalità, fedeltà, e dunque fecondità.

Se ciò è vero, possiamo dedurre che il matrimonio naturale è già in sé stesso indissolubile (cioè non si può sciogliere). Non è il sacramento a conferire il vincolo dell’indissolubilità, semmai è il contrario: proprio perché il matrimonio è indissolubile per sua natura allora può divenire sacramento. Se non c’è la base del matrimonio fondato sul libero consenso degli sposi, non c’è neanche sacramento! Sorge una domanda: ma a questo punto a che serve il sacramento? Il sacramento sigilla l’indissolubilità, la perfeziona stabilmente imprimendo in essa la presenza di Dio, la sua fedeltà, che si fa garante di questa unione. In altre parole, con il sacramento, l’unione matrimoniale viene “incisa” nel cuore stesso di Dio. “Mettimi come sigillo sul tuo cuore – Ct 8,6″. Dunque, l’uomo non può separare ciò che Dio ha unito (Cf. Mt 19,6).

È stato Cristo ad elevare il matrimonio a sacramento. Per un duplice motivo. Vediamo il primo: potremmo dire con un’espressione molto forte che “il matrimonio è Cristo”. Già in lui sono presenti le nozze tra Dio e l’umanità. Poiché lui è vero Dio e vero uomo, già nella sua persona vi è un legame indissolubile, totale, fedele e fecondo tra Dio e gli uomini. Questo si sperimenta nel suo corpo, cioè la Chiesa.

Secondo motivo conseguente al primo: nella vita degli sposi, per mezzo della grazia del sacramento, è possibile vivere finalmente e in pienezza quel tipo di amore di cui abbiamo già parlato. In altre parole, il coniuge grazie al sacramento, rende presente Cristo all’altro coniuge. Cristo vive negli sposi, con gli sposi, e per gli sposi. Ecco la grandezza, la bellezza e la verità del sacramento del matrimonio. Nel sacramento del matrimonio l’io lascia il posto al noi, non perché è imposto, ma voluto da entrambi. E perciò i due diventano una sola vita, una sola carne. La coppia sposata, di conseguenza, ovunque essa si trovi, renderà presente il mistero di Cristo che si dona alla sua Chiesa.

Il matrimonio: tomba dell’amore?

Se tutto quello che fin qui abbiamo detto è vero, perché molti matrimoni falliscono? Perché prima del matrimonio sembra tutto bello e dopo le cose cambiano? Non c’è più l’amore? Forse entrano in gioco fattori che prima non si conoscevano? Non è facile rispondere a queste domande. Tuttavia vogliamo sottolineare tre elementi:

– il primo riguarda la maturità umana. Non è scontato, ma molte persone si sposano senza aver fatto un serio cammino di conoscenza di sè, di messa in discussione delle proprie certezze, di dialogo. Molte coppie non sanno dialogare, non sanno comunicare per mancanza di maturità. Sono incapaci anche di piccoli sacrifici per il bene dell’altro (per l’approfondimento vedi l’articolo Conoscere se stessi e l’altro: l’importanza della comunicazione).

– il secondo elemento riguarda la vocazione. Cioè, il matrimonio è una vocazione che non tutti hanno. In altre parole, non tutti sono chiamati a sposarsi. Molte coppie non decollano perché forse uno dei due, o entrambi, non sono fatti per questa strada. Occorre pertanto un previo cammino di discernimento che presuppone ovviamente un cammino di maturità umana.

Infine quello che ferisce il matrimonio e spesso lo porta alla rottura è il peccato. Vogliamo riportare di seguito un paragrafo molto significativo del catechismo:

Che cosa minaccia i matrimoni? Quello che minaccia veramente i matrimoni è il peccato; quello che li rinnova è il perdono; quello che li rende forti è la preghiera e la fiducia nella presenza di Dio.

Il conflitto fra uomini e donne, che talvolta all’interno del matrimonio giunge fino all’odio reciproco, non è un segno dell’inconciliabilità dei sessi; non esiste una predisposizione genetica all’infedeltà, e neppure un ostacolo psicologico per le relazioni destinate a durare tutta la vita. Molte coppie sono invece minacciate dalla scarsa cultura del dialogo e da scarso rispetto reciproco, cui si aggiungono spesso anche problemi economici o sociali. Ma il fattore decisivo è la realtà del peccato: gelosia, ricerca del predominio, litigiosità, avidità, infedeltà e altre forze distruttive. Per questo motivo il perdono e la riconciliazione, anche nella confessione, sono elementi essenziali in ogni coppia. [Youcat n. 264]

Dunque il matrimonio non può essere la tomba dell’amore. Ma anche quando fosse il peccato a ferire mortalmente il matrimonio, custodiamo una speranza viva: la nostra fede si fonda sull’annuncio di una tomba vuota. Il peccato non ha mai l’ultima parola. Dal sepolcro vuoto continua a risuonare il lieto annuncio di un Dio che è capace di fare nuove tutte le cose. Un Dio che è capace di trasformare la morte in vita, un fallimento in una ricreazione. Non è qualcosa di automatico, ma interpella le nostre singole libertà, le nostre libere decisioni. Il sacramento del matrimonio custodisce un segreto originario: la potenza della risurrezione di Cristo, cioè la concreta possibilità di rinnovare la vita di coppia, di ricrearla, di rigenerarla a immagine di quella dinamica pasquale che un mattino di duemila fa ha cambiato per sempre il corso della storia.

Vogliamo concludere questo articolo con una bellissima citazione di un filosofo francese:

Dire Ti amo a una persona significa dirle: Tu non morirai mai!”

Gabriel Marcel

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