libertà

Custodire la libertà: come difenderla, come celebrarla

Facciamo il punto della situazione…

Vivere liberi. È questo il percorso che abbiamo voluto tracciare insieme. Siamo partiti dalla base e cioè essere sé stessi. Questa è la prima libertà che ci occorre per guardarci dentro. Dobbiamo darci il permesso di sentire e ascoltare quello che sentiamo. Tuttavia, quello che sentiamo non può determinarci o definirci categoricamente: siamo molto di più di quello che sentiamo

Il secondo passo è stato quello della relazione con gli altri e con Dio: l’amore lascia liberi, l’amore rende liberi. Le relazioni di amicizia e di amore sono autentiche se sono vissute nella libertà interiore, nella reciproca stima, nella spontaneità del dono di sé. Non c’è possesso soffocante, costrizione, o annullamento di sé. Tutto ciò trova fondamento nella relazione con Dio, nel sapersi amati di amore eterno da lui.

Nella penultima puntata, invece, abbiamo affrontato la tematica della fuga dalla libertà. Abbiamo capito che la libertà a cui vogliamo fare riferimento non è l’autonomia dissoluta. I rischi sono tre: faccio assolutamente quello che mi pare, oppure mi annullo per obbedire ciecamente ad un superiore (politico, religioso, familiare), o infine fuggo dalla libertà seguendo quello che fa la massa. Questa non è libertà. Abbiamo compreso invece che nella fede sperimentiamo la vera libertà interiore.

L’amore di Cristo è liberante. Ci riconsegna a noi stessi rigenerati, liberati, benedetti. Punto centrale di tutto è l’incontro personale con il Signore

«Gesù è la stella polare della libertà umana: senza di Lui essa perde il suo orientamento, poiché senza la conoscenza della verità la libertà si snatura, si isola e si riduce a sterile arbitrio. Con Lui, la libertà si ritrova»

Benedetto XVI

Se questo è vero, abbiamo il dovere di amare le nostre responsabilità vivendole fino in fondo. Non si fugge, ma si resta, con l’aiuto di Dio.

Bene…e adesso?

Se abbiamo capito che il desiderio di infinito che abbiamo dentro può essere colmato solo da Cristo nella fede, che cosa dobbiamo fare per restare liberi? Come custodire questa libertà interiore, fonte di gioia? Vogliamo suggerire due luoghi speciali per difendere la libertà: l’amicizia e i sacramenti

L’amicizia

Le buone amicizie ti salvano! L’amicizia, quando è vera, è uno spazio di libertà enorme

“L’amicizia è la visione di sé con gli occhi dell’altro, ma al cospetto di un terzo, e precisamente del Terzo [Dio]. L’Io, rispecchiandosi nell’amico, riconosce nel suo Io il proprio alter ego

Pavel Florenskij

L’amico non ti giudica, ti fa essere quello che sei, con tutte le qualità e le miserie che porti dentro. Un buon amico è dono di Dio, e lo si riconosce soprattutto nelle difficoltà, non quando va tutto bene:

Un amico vuol bene sempre, è nato per essere un fratello nella sventura. 

Pr 17,17

Ma questo vale per entrambi, nella duplice direzione, cioè per l’amico e per noi stessi! La reciprocità è fondamentale. Ma anche se l’amico dovesse sbagliare contro di te:

Non abbandonare il tuo amico

Pr 27,10

Nei periodi di crisi (matrimoniale, sacerdotale, lavorativo, ecc…) l’amico si rivela luogo prezioso, spalla di sostegno, consiglio benedetto. L’amicizia dunque è un luogo di salvezza, specialmente se gli amici amano l’Amico per eccellenza, Cristo, che è Amico fedele. È la sua fedeltà a custodirci già a partire dalle nostre infedeltà. L’amicizia con Cristo custodisce la libertà del cuore.

I sacramenti

Spesso i sacramenti sono stati percepiti come una negazione della propria libertà (paradossale, ma è così!). Il motivo principale è che venivano imposti, e purtroppo ancora oggi da qualche parte è così. Il fatto è che nei sacramenti possiamo attingere direttamente alla vita di Dio. In essi si sperimenta il massimo grado di pienezza. È la possibilità concreta di vivere un’immediatezza con Dio. Ancor più paradossale è il fatto che Dio per renderci liberi, si sia legato ai sacramenti della Chiesa. Questi sono i canali attraverso cui fluisce la grazia divina, la vita benedetta, la pienezza d’amore che sgorga dal cuore stesso di Dio. Vogliamo segnalarne solo due:

il sacramento della riconciliazione:

Il senso di questo sacramento non è quello di presentare l’elenco dei peccati al confessore come se dovessimo entrare dentro una lavatrice e pulire i panni sporchi! Questo svilisce sia il penitente che il confessore! Il senso più vero e profondo è quello di desiderare nuovamente l’abbraccio di Dio, di ritornare a lui, di chiedergli perdono per il male che abbiamo fatto a noi stessi e agli altri. Chiediamo perdono per tutto quello che ha soffocato e ferito la nostra libertà. 

Chiamare i peccati con il loro nome è già il primo atto di libertà, perché ci consente di riconoscere i propri sbagli e di prenderne distanza (assumendocene però la responsabilità!). Solo a queste condizioni possiamo sperimentare l’azione liberante di Dio. Infatti il sacerdote conclude con queste bellissime parole che celebrano la restituzione della propria libertà:

Dio, Padre di misericordia,

che ha riconciliato a sé il mondo

nella morte e risurrezione del suo Figlio,

e ha effuso lo Spirito Santo

per la remissione dei peccati,

ti conceda, mediante il ministero della Chiesa,

il perdono e la pace.

 

E io ti assolvo dai tuoi peccati

nel + nome del Padre e del Figlio

e dello Spirito Santo.

Formula dell’assoluzione sacramentale

il sacramento dell’Eucarestia:

Chiaramente facciamo riferimento a tutta la celebrazione, cioè a tutta la S. Messa. Infatti in tutte le parti della Messa si può attingere alla presenza liberante di Gesù. Tutta la celebrazione diventa spazio di libertà, e in modo particolare nell’ascolto attento della Parola di Dio e nella comunione eucaristica. La presenza reale di Gesù nel pane e nel vino realizza la vera libertà interiore. In altre parole, nella comunione eucaristica la libertà di Dio si incontra con quella dell’uomo e la esalta. 

In questo Sacramento, infatti, il Signore si fa cibo per l’uomo affamato di verità e di libertà. Poiché solo la verità può renderci liberi davvero (cfr Gv 8,36)

Sacramentum Caritatis, 2.

Dunque, se abbiamo compreso quanto sia indispensabile celebrare per restare liberi, non faremo tanta fatica nel riconoscere e comprendere il grande valore della Messa domenicale:

Smarrire il senso della domenica come giorno del Signore da santificare è sintomo di una perdita del senso autentico della libertà cristiana, la libertà dei figli di Dio.

Sacramentum Caritatis, 73.

Concludendo…

Attraverso questa tematica, abbiamo voluto recuperare il senso più vero della libertà come condizione imprescindibile di una vera relazione con sé stessi, con gli altri e con il Signore

Per restare liberi occorre mantenere aperte queste tre relazioni. Escluderne una significa privarsi della pienezza. Una pienezza la cui sorgente non può che essere il Signore.

Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero.

Gv 8,36
Condividi questo articolo nei tuoi social

Rispondi

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: