“La gente muore solo quando è dimenticata.”
Isabel Allende
Il problema dell’uomo
La commemorazione dei fedeli defunti ci spinge a fare i conti con il grande tema della morte. Il problema principale dell’uomo, quello vero, è la morte. Tutti si sentono impotenti di fronte al muro della morte e tutti hanno cercato di risolvere questo dilemma. É un tema serissimo.
Certe volte alcuni uomini passano tutta la vita lottando con se stessi per sfuggire all’idea del morire. Sapere che prima o poi dovremo farci personalmente i conti non è una faccenda che ci lascia indifferenti. Basta non pensarci? Oppure bisogna pensarci ogni minuto?
L’evento del morire si insinua non solo in ciascuno di noi, ma irrompe anche privandoci dei nostri cari, lasciandoci nel lutto e nel pianto. La morte di un familiare, di un amico, di un conoscente o di un fratello di fede è una prova che dev’essere messa in conto e che tocca in profondità l’animo umano.

Un prezioso sostegno…
Tra le varie dimensioni coinvolte, un posto centrale è occupato dalla “memoria”. I defunti si ricordano; i loro volti e i loro nomi non si dimenticano, così come le loro parole e i loro gesti. Qualsiasi sia l’approccio verso questo problema umano, la liturgia ci offre il sostegno che viene dalla ri-presentazione di un evento. Anzi ci immerge nell’evento della vita!
Un cristiano ha paura della morte esattamente come tutti gli altri, ma questa paura non ha lo stesso potere: c’è qualcuno con noi proprio nel momento esatto in cui quella paura si materializza, diventa concreta, attuale. “Dall’ aldilà non è mai tornato nessuno”, si dice. Ma i cristiani sanno, credono che invece c’è uno che è venuto di là: Gesù Cristo.
Quando un bambino ha paura di qualcosa, del buio ad esempio, la mamma gli fa un discorso teorico? Oppure gli dice: «Hai paura del buio? Non ti preoccupare, vado avanti io; vieni con me, io vado avanti e tu vienimi dietro, con me starai al sicuro». A partire dal III secolo compare, nelle catacombe, la figura del pastore con la pecora in spalla.

È Cristo che prende per mano e stringe fra le sue braccia l’uomo che ha paura di attraversare da solo la valle oscura della morte. Con lui, il Risorto, il discepolo abbandona sereno questa vita, certo che il pastore al quale ha affidato la propria vita lo condurrà “in prati verdeggianti e verso fonti tranquille” (Sl 23,2) dove troverà ristoro dopo il lungo e faticoso viaggio nel deserto arido e polveroso di questa terra. Il credente, infatti, vive nella consapevolezza che il Signore Gesù Cristo «trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso» (Fil 3,21).
Dunque, qual è il senso della celebrazione?
La liturgia non lascia tutto nel mondo della teoria, ma nell’agire del rito ci dona la mano tesa della salvezza. La Liturgia permette la realizzazione di questo misterioso e reale vincolo di comunione. Tutti infatti quelli che sono di Cristo, avendo lo Spirito Santo, formano una sola Chiesa e sono tra loro uniti in lui (cfr. Ef 4,16).
L’unione quindi di quelli che sono ancora in cammino coi fratelli morti nella pace di Cristo non è minimamente spezzata; anzi, secondo la perenne fede della Chiesa, è consolidata dallo scambio dei beni spirituali.
Coloro che con il Battesimo sono già stati uniti alla vittoria di Cristo sulla morte, a lui vengono affidati per divenire pienamente partecipi della risurrezione, nella certezza che nulla «potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8, 39).
Quando si celebra la Liturgia terrena, si manifesta la volontà di unirla con quella celeste: “e noi uniti…” perché la liturgia ci dice che:
Ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta, ma trasformata; e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata una abitazione eterna nel cielo.
Prefazio dei Defunti I – La speranza della risurrezione in Cristo
Nell’agire liturgico troviamo Dio, il mistero della nostra salvezza, in lui vivono i nostri cari. La celebrazione diventa allora luogo d’incontro, di vita, di speranza. All’uomo perso, la Chiesa in preghiera dice che anche nella notte estrema nella quale non penetra alcuna parola, si dà una voce che ci chiama, una mano che ci prende e ci conduce: “concedi anche a noi di ritrovarci insieme”, è questa la richiesta dell’assemblea celebrante al Dio della vita, “quando, asciugata ogni lacrima, i nostri occhi vedranno il tuo volto e noi saremo simili a te, e canteremo per sempre la tua lode”.
Nella liturgia, c’è sempre la tenerezza di un incontro desiderato, tra chi cammina ancora nelle strade di questo mondo e chi vive in Dio e gode della compagnia dei Santi.

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