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In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò».Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli».
(Mt 8, 5-11 – Lunedì della I settimana di Avvento – Anno C)
Medita
Dì solo una parola! Quanta potenza di fede in questa espressione e quanta potenza nella parola di Gesù. Sono queste le caratteristiche della pericope del vangelo di oggi. Gesù, continua il suo cammino a Cafarnao, e lì, ogni giorno, svolge la sua missione: annunciare il regno di Dio, portarlo a tutti, compiendo miracoli, guarigioni, liberazioni e insegnando, portando la salvezza. E’ l’avvento del regno di Dio e Gesù stesso, in persona è questo regno. Le Sue parole, le Sue azioni si sono iniziate a conoscere e capire per la Palestina e Lui non è venuto solo per “le pecore perdute della casa d’Israele” (Mt 15, 24) ma per tutti.
Questa dimensione universale della salvezza, basata sulla fede e non sull’appartenenza ebraica è raccontata proprio nell’incontro tra Gesù e il centurione romano, ovvero un ufficiale che comandava la centuria, e che per popolo, religione e cultura non discendeva da Abramo, era un pagano. Non era cresciuto in una famiglia ebrea, non frequentava la sinagoga e non aveva avuto la possibilità di avere confidenza con la torah, con la parola di Dio, con i salmi e le preghiere…eppure incontra Gesù, accoglie il Suo messaggio di salvezza e lo chiama “Signore” e Gesù incontra Lui. Dio incontra un romano. Il centurione è simbolo di ogni uomo (di qualsiasi razza, lingua, popolo, cultura, ruolo sociale) che incontra Gesù; e l’episodio è l’esempio dell’incontro di Cristo col mondo, dal popolo di Israele a tutti: ecco la continuità e la discontinuità di Gesù. Ecco l’universalità di Gesù: Gesù è venuto per tutti, parla con tutti, ascolta tutti. Il Suo messaggio è per tutti.
Il centurione chiede con fede incredibile e insistenza la guarigione di un suo servo, ammalato, in casa sua. Gesù subito propone di andare presso l’ammalato per guarirlo, ma il centurione non si sente degno di farLo entrare nella sua casa. Gli chiede il miracolo con la Sua sola parola, pronunciata a distanza, perché sa che può bastare. E’ la proclamazione della potenza dell’azione di Gesù, fatta in qualsiasi modo, e in particolare con la parola, attraverso le parole pronunciate da Gesù.
Tutto questo meraviglia e commuove Gesù, al punto di dire che in paradiso stupirà la presenza di tante persone da cui non ci aspetterebbe un cambiamento nella vita, da cui non ci si aspetterebbe confidenza e fiducia, da cui non ci si aspetterebbe tanta fede.
“Il Signore guarda il cuore” (1 Sam 16, 7)
Vivi
“Oh Signore non sono degno di partecipare alla tua mensa, ma dì soltanto una parola ed io sarò salvato”
La fede del centurione sia la tua fede nel ripetere queste parole a Messa. Chiedi a Dio ciò che vuoi dirgli e ascolta ciò che ti vuole dire.