Lo Spirito di Sapienza è il primo di sei elementi che specificano lo Spirito del Signore, che Dio promette attraverso il profeta Isaia al suo servo:
“Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore”
(Is 11,2)
Qual è il significato del termine Sapienza?
Sapienza, chocma in ebraico, implica la cognizione di un dato. Il termine in greco deriva, invece, da una radice che indica l’osservare, il guardare da lontano, il fare la guardia ed in tal senso è legato alla competenza navale, alla capacità cioè di saper leggere i segni che si pongono davanti all’uomo e saper agire di conseguenza, seguendo la rotta che si era scelta nonostante le difficoltà che si presentano.
La Sapienza, quindi, è un conoscere, intesa come intelligenza, talento, cultura. Ma anche un guidare, nel senso di senno, prudenza, autocontrollo. E, infine, è soprattutto un agire, compresa come prontezza e destrezza. La sapienza è “abito soprannaturale”, è l’abitudine donata dallo Spirito Santo, inseparabile dall’amore per cui giudichiamo correttamente ciò che riguarda Dio, l’uomo, le cose ultime, e quelle immediate.
Chi è dunque il sapiente?
Sapere non è solo uno stato intellettuale, non è colui che sa tante cose, che ha tante conoscenze; per la Sacra Scrittura il sapiente è chi sa vivere, chi sa stare nelle cose. È un’esperienza del mondo che ci fa fare esperienza di Dio e al contempo è esperienza di Dio che ci fa fare l’esperienza del mondo nel modo corretto. Il sapiente comprende per vivere la vita, non è un uomo avido di conoscenza fine a sé stessa. Il sapiente parte dalla realtà per elevarsi a Dio, ad una legge che lo supera e allo stesso tempo unifica al mondo. Per questo, saggio per eccellenza è il re, che deve guidare il popolo.
La Sapienza, biblicamente parlando, va intesa come una compagna di vita dell’uomo di Dio. Nel libro del Siracide (Sir 4,11-19) la Sapienza è descritta quasi come una madre che si prende cura dei propri figli. In particolare, l’autore presenta una pedagogia della Sapienza che “dapprima” conduce colui che la sceglie “per vie tortuose, gli incuterà timore e paura, lo tormenterà con la sua disciplina” (Sir 4,17) ma il fine ultimo è che l’uomo, che ha provato la bontà dei suoi decreti, possa fidarsi di lei e possa, dopo questo momento di difficoltà “ritrovare la via diritta” (Sir 4,18) e gioire per avere appreso i segreti della Sapienza.
Quali sono gli “effetti” della Sapienza?
La pedagogia della Sapienza diventa fondamentale per comprendere che, seppur dono dello Spirito Santo, la Sapienza non è una scienza infusa nell’uomo dall’alto, ma quella grazia, donata appunto dallo Spirito di Dio, di cui l’uomo deve fare esperienza, per poter averne il pieno possesso.
La Sapienza è il miglior antidoto contro l’accidia. Quando crediamo di non potere fare nulla per cambiare una situazione difficile, quando pensiamo che l’unico modo per superare una crisi sia abbandonare tutto e ricominciare daccapo, la Sapienza ci dona la capacità di restare dove siamo e di restarci con impegno, non con passività, costruendo ed essendo positivi, cercando sempre il bene e conoscendo attraverso di essa come perseguirlo.
Sapienza è felicità:
“La sapienza dell’uomo rischiara il suo volto, ne cambia la durezza del viso”
(Qo 8,1)
Autore: fra Paolo Messina ofmcap