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Un inviato non è più grande di chi lo ha mandato

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[Dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù] disse loro:
«In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica.
Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma deve compiersi la Scrittura: “Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno”. Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io sono.
In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato».

(Gv 13,16-20 – Giovedì della IV Settimana di Pasqua – Anno C)

Medita

Essere cristiani è un dono grande, immenso. C’è in gioco la comunione con Dio e dunque la vita eterna. Cos’è la vita eterna? È fare esperienza personale di Dio, cioè partecipare della sua stessa natura: “chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato“. Significa cioè accogliere lo Spirito Santo, che ci fa accogliere il Figlio, che ci fa accogliere il Padre.

Dunque se da un lato è un dono immeritato, ma voluto da Dio – altrimenti non sarebbe più dono – dall’altro lato c’è la dimensione della responsabilità. Essere cristiani dunque comporta una responsabilità maggiore, anzitutto nei confronti di Dio nei termini della testimonianza, ma anche nei confronti della propria coscienza perchè si comprende che vivere da cristiani diventa un’esigenza personale per vivere nella libertà dei figli di Dio, cioè nella felicità.

Vivi

Un inviato non è più grande di chi lo ha mandato…

Anche se la testimonianza cristiana è onerosa non ci obbliga ad un’identità (tra l’altro impossibile) con Gesù Cristo. Questo già ci fa respirare. Essere cristiani è dono ma anche un compito che nasce come risposta al dono ricevuto. “Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica“.

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