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In quel tempo, Gesù disse:
«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore.
Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo.
Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».
(Gv 10,1-10 – IV Domenica di Pasqua)
Medita
Colui che entra nel recinto dalla porta è il pastore delle pecore, proprio da questo lo si riconosce. Ma cosa vuol dire entrare nel recinto delle pecore dalla porta? Vuol dire essere il pastore legittimo, colui al quale le pecore appartengono e di cui egli ha il compito di prendersi cura. Gesù è il pastore vero, che entra dalla porta perché il recinto è suo, il gregge è suo, e non ha bisogno di scavalcare il recinto, di “salire”, per accedervi. È, poi, la stessa porta che utilizzeranno le pecore per andare al pascolo dietro il pastore, è la porta delle pecore. È un pastore vicino al suo popolo, ne condivide la vita, non ha un accesso preferenziale al cortile, e sa qual è la strada giusta per le pecore, per condurle con la sua voce: “egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori”.
Il Vangelo ci fa scendere più in profondità: Gesù non è solo il pastore che entra dalla porta, ma è la porta stessa. Per entrare nel recinto, si deve passare attraverso di lui, solo così si può “essere salvati, entrare e uscire e trovare pascolo”. Entrare nel recinto di Gesù non è accedere a uno spazio oppressivo, ma è un entrare per uscire dove c’è pascolo, dove possiamo essere liberi e avere il nutrimento che ci sostiene. La porta apre un transito. Gesù – che è porta – si apre, letteralmente, sulla Croce, apre fisicamente il suo corpo e così dischiude, anzi crea, il passaggio verso Dio. Perciò solo lui può entrare nel recinto di noi, sue pecore, perché egli è la porta, è l’entrata ad esso. Ci aiuta Giovanni, il quale racconta del costato aperto del Signore e che Tommaso viene invitato a mettere addirittura la mano in esso. Gesù si apre per noi dandoci la sua vita e così ci dà l’accesso al suo cortile, il cortile della sua presenza, dove la nostra vita acquista il suo senso vero e la sua gioia più completa.
Vivi
Sostiamo qualche momento in silenzio, nella preghiera, e ascoltiamo l’invito del Pastore a seguirlo.
Immergiamoci in lui, passiamo attraverso di lui, le sue piaghe di amore, ogni giorno, per iniziare e continuare una vita in sua compagnia.