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Avranno rispetto per mio figlio!

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In quel tempo, Gesù si mise a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti, agli scribi e agli anziani]:
«Un uomo piantò una vigna, la circondò con una siepe, scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Al momento opportuno mandò un servo dai contadini a ritirare da loro la sua parte del raccolto della vigna. Ma essi lo presero, lo bastonarono e lo mandarono via a mani vuote. Mandò loro di nuovo un altro servo: anche quello lo picchiarono sulla testa e lo insultarono. Ne mandò un altro, e questo lo uccisero; poi molti altri: alcuni li bastonarono, altri li uccisero.
Ne aveva ancora uno, un figlio amato; lo inviò loro per ultimo, dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma quei contadini dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e l’eredità sarà nostra”. Lo presero, lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna.
Che cosa farà dunque il padrone della vigna? Verrà e farà morire i contadini e darà la vigna ad altri. Non avete letto questa Scrittura: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”?».
E cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla; avevano capito infatti che aveva detto quella parabola contro di loro. Lo lasciarono e se ne andarono.

(Mc 12,1-12 – S.Bonifacio, Vescovo e martire – Memoria)

Medita

La parabola che Gesù racconta a scribi, sacerdoti ed anziani mette al centro una vigna, costruita da un padrone lontano ed affidata ed affittata a dei servi. Quanta violenza anima il cuore di questi uomini, soprattutto nel momento in cui si tratta di restituire il frutto del raccolto. Essi, infatti, bastonarono e picchiarono tutti coloro che il padrone mandava loro a riscuotere. Uccisero perfino il figlio, l’amato, l’erede, pensando così di trattere finalmente tutto per sé. Ma questi non fanno altro che procurarsi la morte.

È un po’ quello che accade a noi quando, custodi ed affidatari di tanti beni, capacità, nonché talenti e doni, compreso il dono della vita e delle relazioni umane, piuttosto che metterli a frutto e restituirne il “ricavato” a Colui che ce li ha donati, li teniamo stretti stretti per noi temendo che qualcuno voglia impossessarsene, ottenendo solamente la morte del cuore e dello spirito.

A volte ci raggiunge la tentazione di pensare che ciò che ci appartiene, compresa la grandezza della vita e le persone che amiamo, siano nostre e basta, pensiamo di essere gli unici a dover decidere cosa farne. Mentre in realtà non ci rendiamo conto che la vita che noi definiamo nostra, non è tale, ma ci è semplicemente affidata e un giorno andrà restituita, con la speranza che essa avrà portato molti frutti. Anche le persone che a noi stanno a cuore, che amiamo, non sono neppure esse nostre, ma ci sono state poste accanto per prenderci cura di loro e voler il loro bene, bene che implica anche il restituire, il lasciar andare l’altro per un bene più grande.

Questa vigna, dunque, costituita da una molteplicità di elementi è stata affidata ad ognuno di noi, affinché ciascuno con il proprio agire renda frutti numerosi e gustosi. Non lasciamo che la paura di donare e al contempo di “perdere” ci impedisca di portare frutto.

Vivi

Il Padre attende con pazienza il momento in cui potrà raccogliere i frutti prodotti dal nostro operato. Rimanere in attesa vigilante ed operosa ci permette di produrre frutti buoni e degni del tempo trascorso.

Non rimanere inerte, ma Sii collaboratore del Regno.

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