Leggi
In quel tempo, Gesù disse:
«Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro.
Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
(Mt 11,28-30 – Giovedì della XV Settimana del Tempo Ordinario – Anno Dispari)
Medita
Gesù non vuole cristiani masochisti, o che esaltano il dolore come via di salvezza. Anzi, lui conosce fin troppo bene le nostre sofferenze e difficoltà. Per questo motivo ci invita ad andare da lui: per imparare la mitezza e l’umiltà del cuore. Con questi atteggiamenti i problemi li affrontiamo meglio. Spesso alle difficoltà che incontriamo si aggiunge il nostro modo di reagire che appesantisce ancor di più la situazione. Potrebbe accadere che le nostre reazioni o risposte ai problemi non siano adeguate e dunque causano maggiore sofferenza. Ecco perché abbiamo bisogno di leggerezza. La leggerezza che giunge nello stare sotto il giogo con Gesù. Il peso maggiore lo porta lui. Noi ci lasciamo condurre.
Vivi
Quando sei nell’affanno, prega con l’atto di abbandono di don Dolindo Ruotolo:
Gesù ti dice: Perché ti confondi agitandoti? Lascia a me la cura delle tue cose e tutto si calmerà. Ti dico in verità che ogni atto di vero, cieco, completo abbandono in me, produce l’effetto che desideri e risolve le situazioni spinose.
Abbandonarsi a me non significa arrovellarsi, sconvolgersi e disperarsi, volgendo poi a me una preghiera agitata perché io ti segua, e cambiare così l’agitazione in preghiera. Abbandonarsi significa chiudere placidamente gli occhi dell’anima, stornare il pensiero dalla tribolazione, e rimettersi a me perché io solo operi, dicendo: pensaci tu.
E contro l’abbandono, essenzialmente contro, la preoccupazione, l’agitazione e il voler pensare alle conseguenze di un fatto. È come la confusione che portano i fanciulli che pretendono che la mamma pensi alle loro necessità, e vogliono pensarci essi, intralciando con le loro idee e le loro fisime infantili il suo lavoro.
Chiudi gli occhi e lasciati portare dalla corrente della mia grazia, chiudi gli occhi e non pensare al momento presente, stornando il pensiero dal futuro come da una tentazione, riposa in me credendo alla mia bontà, e ti giuro per il mio amore che, dicendomi con queste disposizioni: pensaci tu, io ci penso in pieno, ti consolo, ti libero, ti conduco.
E quando debbo portarti in una via diversa da quella che vedi tu, io ti addestro, ti porto nelle mie braccia e ti faccio trovare, come un bimbo addormentato nelle braccia materne, all’altra riva.
Quello che ti sconvolge e ti fa un male immenso è il tuo ragionamento, il tuo pensiero, il tuo assillamento, ed il volere ad ogni costo provvedere da te stesso a ciò che ti affligge.
Quante cose Io opero quando l’anima, tanto nelle sue necessità spirituali quanto in quelle materiali, si volge a me, mi guarda, e dicendomi: pensaci tu, chiude gli occhi e riposa!
Hai poche grazie quando ti assilli da solo per produrle, ne hai moltissime quando la preghiera è affidamento pieno a me.
Tu nel dolore preghi perché io operi, ma perché io operi come tu credi… Non ti rivolgi a me, ma vuoi che io mi adatti alle tue idee; così rischi di essere come un infermo che non domanda al medico la cura, ma, che gliela suggerisce.
Non fare così, ma prega come ti ho insegnato nel Pater: Sia santificato il tuo nome, cioè sii glorificato in questa mia necessità; venga il tuo regno, cioè tutto concorra al tuo regno in noi e nel mondo; sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra, cioè disponi Tu in questa necessità come meglio ti pare per la vita nostra eterna e temporale.
Se mi dici davvero: sia fatta la tua volontà, che è lo stesso che dire: pensaci tu, io intervengo con tutta la mia onnipotenza, e risolvo le situazioni più chiuse.
Ecco, tu vedi che il malanno incalza invece di decadere? Non ti agitare, chiudi gli occhi e dimmi con fiducia: Sia fatta la tua volontà, pensaci tu. Ti dico che io ci penso, e che intervengo come medico, e compio anche un miracolo quando occorre.
Tu vedi che l’infermo peggiora? Non ti sconvolgere, ma chiudi gli occhi e di’: Pensaci tu. Ti dico che io ci penso, e che non c’è medicina più potente di un mio intervento di amore.
Tu sei insonne, tu vuoi tutto valutare, tutto scrutare, a tutto pensare, e ti abbandoni così alle forze umane, o peggio agli uomini, confidando nel loro intervento. E questo che intralcia le mie parole e le mie vedute.
Oh, come io desidero da te questo abbandono per beneficarti, e come mi accoro nel vederti agitato! Satana tende proprio a questo: ad agitarti per sottrarvi alla mia azione e gettarti in preda delle iniziative umane. Confida perciò in me solo, riposa in me, abbandonati a me in tutto.
Io faccio miracoli in proporzione del pieno abbandono in me, e del nessun pensiero di te; io spargo tesori di grazie quando tu sei nella piena povertà!
Se hai le tue risorse, anche in poco, o, se le cerchi, sei nel campo naturale, e segui quindi il percorso naturale delle cose, che è spesso intralciato da satana.
Nessun ragionatore o ponderatore ha fatto miracoli, neppure fra i Santi; opera divinamente chi si abbandona a Dio.
Quando vedi che le cose si complicano, di’ con gli occhi dell’anima chiusi: Gesù, pensaci tu.
E distraiti, perché la tua mente è acuta… e per te è difficile vedere il male e confidare in me distraendoti da te. Fa’ così per tutte le tue necessità; fate così tutti, e vedrete grandi, continui e silenziosi miracoli. Ve lo giuro per il mio amore. Ed io ci penserò, ve lo assicuro.
Pregate sempre con questa disposizione di abbandono, e ne avrete grande pace e grande frutto, anche quando io vi faccio la grazia dell’immolazione di riparazione e di amore, che importa la sofferenza.
Ti sembra impossibile? Chiudi gli occhi e di’ con tutta l’anima: Gesù pensaci tu.
Non temere, ci penserò e benedirai il mio nome umiliandoti. Mille preghiere non valgono un atto solo di abbandono: ricordatelo bene. Non c’è novena più efficace di questa:
O Gesù m’abbandono in Te, pensaci tu!