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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».
Terminate queste parabole, Gesù partì di là.
(Mt 13,44-46 – Giovedì della XVII Settimana del Tempo Ordinario, Anno dispari)
Medita
Quando si parla del giudizio di Dio probabilmente siamo proiettati a quell’immagine che forse ci hanno inculcato da bambini o da ragazzi, quella del Dio vendicatore, del Dio che punta il dito e punisce.
Dalla parabola di Gesù, tuttavia, apprendiamo che il giudizio di Dio altro non è che il prendere atto, constatare quello che siamo diventati. In altre parole siamo noi stessi che attraverso le nostre scelte costruiamo il nostro giudizio. Il Signore, come i pescatori che conservano i pesci buoni e buttano quelli cattivi, non farà altro che vedere chi siamo diventati. Se siamo divenuti buoni o cattivi.
Il giudizio di Dio pertanto non è ingiusto, arbitrario o severo. Semmai è veritiero. Fa luce su quello che siamo divenuti. Ecco perchè occorre comprendere la parola di Dio, perchè a partire da essa la nostra vita possa essere illuminata e come lo scriba divenuto discepolo possiamo tirar fuori dal nostro cuore, cose nuove buone.
Vivi
I padri della Chiesa dicevano: “diventi ciò che contempli”.
Guardiamo al Signore affinchè, attraverso le nostre scelte sostenute dalla sua grazia, possiamo divenire graditi a Lui.